Sono in ritiro con la squadra (cioè' la mia famiglia) a Bormio, e oltre a essere piantato come un palo di un parcheggio di un supermercato, uscire in bici per fare il Gavia o lo Stelvio e' diventato un dovere e non un piacere. E uno dei pensieri che sto processando da quando sono tornato e' cosa fare dopo che si e' passato le Colonne D'Ercole, cioe' cosa mi dovrò inventare in futuro per trovare nuovi stimoli per continuare a allenarmi.
"Il mito di Ercole: oltre non c’è più nulla"
Il mito racconta del semidio Ercole, figlio di Zeus e della mortale Alcmena, che durante una delle sue dodici fatiche deve catturare i buoi di Gerione, un gigante con tre teste, tre corpi e sei braccia, nonché re dell’isola di Eritrea.
Per raggiungere il luogo, attraversa la Tracia, l’Asia Minore, l’Egitto per poi arrivare alle coste occidentali dell’Africa e a Gibilterra.
Qui i monti Calpe e Abila rappresentavano due frontiere che nessuno aveva mai osato oltrepassare, il limite del conociuto e anche del conoscibile.
Sulle loro rive, l’eroe dunque decide di erigere due colonne di marmo, una sulla in Spagna e l’altra in Africa, sormontate da una statua con l’iscrizione “Non plus ultra”: oltre non c’è più nulla.
La figura era rivolta verso est, cioè verso i navigatori, come ad avvisarli di non spingersi oltre per non incorrere nell’oblio. Per secoli ci si è rifiutati di affrontare il mare grigio, roboante e tempestoso che si estendeva al di là.
Eppure, proprio l’esistenza un limite, ha sempre incuriosito e acceso al voglia di superarlo. Riuscire a esplorare e scoprire cosa potesse esserci oltre quelle Colonne d’Ercole ha sempre affascinato avventurieri, navigatori, artisti e scrittori. Tanto da diventare l’immagine stessa dell’impulso irrefrenabile che ci spinge talora a strapparci alla sedentarietà e a partire verso una meta ignota, seguendo un istinto che spesso non è razionale.
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