mercoledì 28 luglio 2010

SARA' UNA GIORNATA LUNGA, SCIFFO


Per la cronaca oggi ho corso un 8 defaticante in attesa di un massaggio pomeridiano per un'ora solo gambe e una risoluzione ciclistica per domani....


COPIO INCOLLO DAL BLOG DI SCIFFO IL RACCONTO DEL SUO ULTIMO IRONMAN A ROTH. E COME AL SOLITO RIDO COME UN IDIOTA.



"Vado a prendere P a Modena venerdì mattina.

Stipiamo le bici e i borsoni nel capiente S-Max e via verso 700 km di autostrada, con un caldo da deserto del Gobi e occhi pallati da barbagianni.
L'aria dell'abitacolo, per inciso, diviene ben presto irrespirabile per i pèti totalmente irriguardosi di entrambi.

Quando finalmente attracchiamo a Roth, questo fottuto posto quasi 200 km a nord di Monaco, ho perso ogni controllo chimico sulle ascelle, anche perchè nella fretta della partenza avevo utilizzato un deodorante alla salama da sugo di mia moglie, e puzzo come un muflone del Sulcis rosolato nella merda.
Questa sinistra caratteristica viene peraltro subito magnificata, dovendo affrontare un'ora e mezza di fila inumana per il ritiro del pacco gara, sotto un tendone di plastica a 200 gradi Fahrenheit.
Una triathleta francese sviene dopo pochi secondi per il fetore, un paio di uomini di ferro vomitano nelle sacche e diversi altri impallidiscono, ma nessuno cede il posto.
Il villaggio dei dannati, il c.d. "Triathlon Park", è stipato di missili di ogni razza, nazionalità ed età: qui hanno tutti un affettatrice industriale Mekel al posto del cervello, e nessuno fa nulla per nasconderlo.
Nemmeno io e P, del resto.

All'imbrunire, dopo altri 30 km di autostrada, raggiungiamo il nostro hotel nella zona fiera di Norimberga, che per la verità non è affatto male: letti comodi, hall moderna, piscina.
Un solo neo, la mancanza del bidet, ma dopo aver chiarito subito a P che io mi laverò bellamente il culo nel lavandino dove lui si lava i denti, non c'è più spazio per imbarazzanti equivoci.
Per la cena, un frocissimo receptionist ci indirizza verso un infimo ristorante italiano nelle vicinanze, "Il Mondo".
Entrando, salutiamo lo scugnizzesco cameriere con un allegro "buonasera!", ma questo ci guarda teschiato come se gli avessimo sputato nelle pupille.
Non capisce un cazzo di italiano!
Il ristorante si rivela infatti essere gestito da ex-scippatori catalani, che laidamente si fingono napoletani veraci per infinocchiare i crucchi.
Gli spaghetti però non sono male.

E' un atroce notte di scorregge nucleari a traghettarci nel sabato, giornata importantissima per tutte le operazioni logistiche da svolgere.
Noi abbiamo letto le note organizzative almeno 15 volte senza capirci un beato cazzo, neppure sillabando ad alta voce.
Arriviamo a Roth a mezzogiorno, dopo aver scazzato strada a ripetizione (nonostante il navigatore), e subito ci rechiamo nella zona cambio sbagliata a consegnare le bici.

Si, perchè questa gara (cosa che noi ovviamente ignoravamo), ha una sinistra caratteristica distintiva: ci sono DUE diverse zone cambio, distanti tra loro una decina di km, PIU' una zona arrivo.
La nostra affettatrice Merkel viene messa a durissima prova da questa bizzarra distribuzione geografica, e ben presto ci ritroviamo a vagare come buoi al pascolo.

Solo a metà pomeriggio, provatissimi, riusciamo finalmente a completare le operazioni di punzonatura.
Ci ritiriamo quindi in albergo per un riposino.
P insiste che per lui sarà impossibile dormire di pomeriggio, e infatti appena di avvicina al letto va giù come una lepre colpita in corsa da un sovrapposto Beretta calibro 12, e inizia a russare come un carbonaio polacco.

La sera, un'altra lacoontica spaghettata a "El Mundo", con i catalani che ci espettorano rumorosamente nel piatto, ormai certi di essere stati smascherati e quindi prossimi alla cattura da parte della Gestapo.
Dopodichè ci ritiriamo in stanza.
Qui, P dichiara solennemente che lui non riesce mai a dormire la notte prima di un ironman, poi va giù a pavimento come se gli avessero sparato in nuca, iniziando a russare schifosamente.

Race day, 18 luglio 2010

La sveglia è comodamente puntata alle 3.45.
Ci alziamo scorreggiando e barcollando come due zombie haitiani, e vado subito in bagno a cagare, in modo da insaporire l'igiene orale di P.
Scendiamo per mangiare e nella hall ci sono altri 3 o 4 morti viventi con il bracciale da "atleta": ci avevano assicurato la colazione per le 4, ma ci viene servito a malapena un caffè con due fette biscottate, e solo dopo aver svegliato a calci nei premolari un cameriere adolescente e brufolosissimo.

Dopo il solito agghiacciante percorso in auto raggiungiamo nel buio la Zona Cambio 1, ai bordi del Donau Kanal, soprannominato Scheisse (ma questo lo scopriremo solo più tardi).
Infatti, questo ridente corso d'acqua è un immondo canale artificiale con acqua color/odor merda.
Dal ponte che sovrasta il parco bici mi sembra di veder passare nella corrente un cane morto, ma forse è solo suggestione o un concorrente annegato nell'edizione 2009.

Tra triathleti, parenti, amici e stronzi vari ci sono almeno 5000 persone in un km quadrato, la maggior parte delle quali in fila davanti a una lunga distesa di cessi chimici, dalla quale si leva una nube oscena di lezzo ributtante.
Anche io e P, peraltro, defechiamo sulla distanza dei 4 rounds ogni molecola disponibile nell'intestino.
Nel mentre gli altoparlanti a 80.000 watt continuano a tuonare un rivoltante mix di musica pop teutonica, con la voce dello speaker che ricorda in modo sinistro quella del Feldmaresciallo Goering.

La partenza è suddivisa in batterie, e in men che non si dica - o quasi - è il mio turno.
Un ultimo abbraccio di reciproco in bocca al lupo con P, e sono in acqua.
E' stranamente calda, probabilmente è a causa dell'elevatissima percentuale di stronzio.
Inoltre, a pelo letame c'è un abominevole nebbiolina marrone, che limita la visibilità a non più di 100 metri.
Sirena, e inizio a nuotare come un topo da fogna.
Sotto il livello dell'acqua non si vede assolutamente un cazzo, per cui tengo d'occhio gli altri ratti che ho di fianco.

La prima boa non arriva mai, ma questo lo già me lo aspettavo, e poi inizia il bordo di rientro, il più lungo, di 1900 m.
Recito continuamente il mio mantra zen "sarà una lunga giornata, stronzo!", e cerco di non pensare che sono immerso in una sorta di sugo fecale.
A me peraltro sembra di nuotare benino, di sicuro non faccio un cazzo di fatica, e per la navigazione guardo comodamente un imnchione spagnolo, con muta bianca NASA da 8000 euro, che mi nuota a tribordo.
Insomma, la frazione in acqua è solo noiosa, ma quando finalmente esco dal canale guardo l'orologio e sono deluso: ci ho messo ben 1.15, cioè almeno 5 minuti più di quanto pensassi, e non ho neanche capito il perchè.
Nell'anno che mi sono allenato meglio a nuoto, ho fatto il mio peggior tempo nell'ironman.
Mah, per consolarmi mi ripeto che "sarà una lunga giornata, stronzo!".

Salgo in bici e mi sento già a buon punto.
Il mio programma prevede di iniziare subito ad alimentarmi e di non forzare il ritmo nella prima ora di gara.
Al solito, il propellente principale saranno barrette Enervit al cioccolato, che danno molta energia ma hanno l'effetto collaterale di ridurmi lo sfintère in poltiglia sanguinolenta, tipo una nutria schiacciata da un Tir.

Faccio tutto quello che devo fare, ma dopo già una quarantina di km mi è chiaro che c'è qualcosa che non va come dovrebbe.
Sono lento, mi superano dei minchioni che normalmente dovrei macinare, nei tratti in salita faccio più fatica del dovuto.
"Sarà una lunga giornata, stronzo!".
Dopo circa 70 km c'è la celebre salita del Solarerberg, che in effetti è fantastica: migliaia di persone urlanti, musica (purtroppo ignobile) a palla, odore di Brattwurst alla griglia.
Saliamo in un corridoio di non più di un metro in mezzo a una folla che ci incita, ci dà pacche sulle spalle, mentre lo speaker urla i nostri nomi.
Mi scende una lacrima di emozione, ma forse era solo sudore.

Chiudo il primo dei due giri di 90 km e mi sembra di aver finalmente rotto il ghiaccio, ma è solo che ci sono 10 km di falsopiano in discesa.
Appena ricominciano i tratti di salita, torno a sentirmi come una merda pestata da un elefante, per di più si è alzato un vento fottuto.
Non posso farci niente, lo so benissimo, se non ripetermi "sarà una lunga giornata, stronzo!" e guardare i km scorrere lenti sul display del computerino: meno 80... 70... 60... 50... 40... 30... 20... 10... e finalmente arrivo, distrutto, alla seconda zona cambio.

Prendo la borsa, entro con calma nel tendone e faccio tutto lentamente e guardandomi attorno.
Noto ghignando le solite scene terrificanti, con volontarie quindicenni che spalmano crema solare sui corpi lattiginosi di triathleti quarantenni, completamente nudi e con apparati riproduttivi miniaturizzati dalla fatica.
Poi bevo un Enervitene emorroidizzante, acqua e due fettine di anguria gelata, che mi sembra la cosa più buona che assaggio da che sono venuto al mondo.
E parto.
Accade una specie di miracolo: non sono più così stanco, anzi, mi avvio quasi euforico attraverso Roth, il bosco, e arrivo alla sponda sterrata dello Scheisse Kanal.
L'aria è freschina e sto bene, tutto sommato.

I primi 15 km corro senza problemi, se non le scorregge violentissime di alcuni "colleghi", alle quali sono costretto a rispondere (è tutto vero, credetemi).
Mi fermo quasi ad ogni zona rifornimento (una ogni 2 km), mangio un sacco di cocomero, bevo come un cammello e riparto.
Alla mezza maratona cominciano le allucinazioni che ben conosco, soprattutto l'impressione che ci sia qualche stronzo che sposta sempre più in là ogni cartello kilometrico.
Ma continuo a correre, bere e mangiare anguria gelata.
L'unico problema si verifica con le spugnature: quando l'acqua gelata mi raggiunge il culetto, provato dalle fottute barrette e da quasi sei ore in sella, sento friggere tipo cotoletta gettata nell'olio bollente.

Nella seconda metà della frazione il corpo ormai è quello di un rifiuto d'ospizio, ma lo spirito è positivo, e calcolo senza sosta quanti minunti al km posso permettermi per raggiungere il mio obiettivo, restare finalmente sotto le 12 ore di tempo totale.
I km dal 30° al 40° sono ovviamente i peggiori, ormai molti colleghi camminano stracciati, e ne supero parecchi.

Ma arrivo a Roth, mi godo gli applausi e i "cinque" dei molti beoni a bordo percorso, e finalmente entro nel piccolo stadio dove c'è la finish line.
Appena inizio a percorrere il tappeto rosso, inciampo rovinosamente davanti a migliaia di crauti, rotolando al suolo e rischiando di spezzarmi come un legnetto, dal tanto che sono rigido.
Mi rialzo con un sorriso falso da mimo, e finalmente sono sul traguardo, disfatto ma felice per il tempo di 11:49, e quindi per aver raggiungo il mio obiettivo.
Mi resta un pò di amaro in bocca per la frazione in bici, ampiamente sotto le mie possibilità, ma "è una lunga giornata, stronzo", e qualche problema bisogna metterlo sempre in preventivo.

Poi inizia una lunga trafila di attività postgare, nell'attesa di P.
Per la verità sono un pò preoccupato per lui, non avendolo mai incrociato durante tutta la maratona.
Ritiro medaglia, t-shirt e diploma, bevo e mangio qualcosa, telefono a mia moglie e vado a lavarmi.

Qui c'è un'altra scena surreale: davanti alle docce, in file ordinate, ci sono decine di finisher completamente nudi, con pacchi scrotali imbarazzanti, a pochi metri da un settore dove le atlete si cambiano nella più totale noncuranza.
La magia del momento viene interrotta solo quando arrivano gli infermieri a portar via, imbarellato, un poveretto che è crollato sotto la doccia, forse tentando una sega celebrativa.

Devo far passare molto tempo, quindi mi concedo anche un massaggio (gratuito) e poi inganno l'attesa chiacchierando con altri disperati di ogni tipo, smangiucchiando un paninazzo da crucco con cetrioli sott'aceto.
Alla fine, comunque, vedo arrivare P, che mi appare fresco come una rosa, mentre io sono rovinato.
Beve all'istante due medie ghiacciate, si cambia e partiamo per il complicatissimo recupero dell'attrezzatura, che è sparsa più o meno ovunque in un raggio di 20 km.

Riusciremo a venire a capo della caccia al tesoro solo verso mezzanotte, grazie anche ad un taxi, e ci rifugiamo in un Mc Donald's, l'unico locale ancora aperto.
P corre immediatamente al cesso, vomita copiosamente, poi ci spara su altre due medie ed un hamburger a dir poco ignobile, giusto per soffocare i conati.

Mezz'ora dopo, finalmente, siamo in camera in hotel.

P entra, inizia a proclamare "io dopo un ironman non dorm..." e va giù a faccia in avanti sulla moquette, come spacciato da un cecchino vietcong.

Io mi infilo nel lettone, mollo una scorreggia con il necessario riguardo per il mio esausto tubo di scappamento, e finalmente svengo pensando "è stata davvero una lunga giornata, stronzo!".

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