martedì 2 luglio 2019

E mi alzo sui pedali - grande pagina di ciclismo


"In fondo questi sono gli Appennini. Le salite lunghe e infinite, dove forse ti senti da solo come in nessun altro posto. Morto. Perso. Qualsiasi cosa ricordi un deserto in cui non sai più un cazzo se non che stai colando come quel maledetto Mottarello in mano a un bambino di tre anni. Ancora non so se la testa comanda le gambe o viceversa, so che sono legate indissolubilmente per qualche strano sortilegio che solo il ciclismo sa, e va bene così. Non so neanche cosa comandi quando stai andando a vincere da solo il Campionato Italiano dopo cinque ore sotto il sole cocente. Solo win. Una delle pochissime cose intraducibili. Solo. Quando andavamo in montagna portavamo un gioco di carte che si chiamava così: quando rimanevi con una sola carta avevi quasi vinto. Quasi. Sì perché poi c’erano sempre di mezzo un sacco di cose, tre turni come tre giri. Quasi vinto, è una cosa che da fastidio. Come ce l’hai quasi fatta dai che sei quasi arrivato. Il significato di una vittoria in solitaria, nel ciclismo, è quasi paragonabile al significato della vita. Un sacco di chilometri a sfuggire dalle ombre e poi ti accorgi che quell’ombra eri tu.Il fiume scorre come una piccola quieta ferita tra i ciottoli bianchi. Nei boschi tornano gli spiriti selvatici di queste aspre colline, animali eremiti solitari che appaiono con il buio. 
Sono già lontana quando penso che ogni volta che chiudiamo gli occhi dobbiamo essere sicuri di avere dato tutto.
I sogni hanno ancora messaggi per noi."

altra roba buona qui

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