domenica 21 luglio 2019

L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA




Abbiamo corso insieme per tanti anni, tutte le sere alle sette.
Tu facevi il lento e io facevo il veloce.
Battevi le mani, dicevi "giro di vite" e dovevo partire per un'altra ripetuta, sempre troppo vicina a quella appena finita.
Morivo ogni sera, però mi facevi andare forte.
Abbiamo corso insieme per tanti anni, tutte le sere alle sette.
Ogni sera. Nel buio, nel freddo, nella nebbia, nel caldo, fino la fine della gioventù.
Poi io sono partito e tu sei rimasto a casa.
avevi due e ventotto sulla maratona
quando ti ho scritto tutto contento che avevo fatto quattro e venti nella mia prima maratona mi hai solo risposto "vergognati".
sei corso via per sempre, in pochi mesi
e adesso capisco quante volte in quei pochi mesi magari hai ripensato a tutte le volte che ti sei incazzato per niente, ai momenti persi dei tuoi figli, o quante volte hai guardato senza vedere.

 " L’eccezionalità del momento, per chi sente la morte addosso – per usare un’espressione pirandelliana – e la normalità per chi è preso nel giro usuale della vita con i suoi piccoli impegni quotidiani, segnano i due termini della dialettica che sì anima nel grande soliloquio del protagonista.
Egli analizza lucidamente le sue ultime sensazioni, evocando brandelli di vita comune, particolari di una quotidianità che per lui s’allontana irrimediabilmente e per questo rende preziosi i ricordi anche di fatti di poco conto. Nella solennità della sua solitudine sembra aver raggiunto inattese consapevolezze sulla vita che gli sfugge e sulla morte, senza rimpianti e senza pentimenti, quasi godendo amaramente della sua irripetibile esperienza segnata dall’eco della fine, che gli consente di dedicarsi con interesse a osservare l’anonima vita degli altri, per coglierne il senso."

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